Ad Vitam, la serie francese distopica disponibile su Netflix, ci catapulta in un futuro apparentemente idilliaco dove la morte è stata sconfitta. Grazie al "Regenerante", un trattamento rivoluzionario, gli esseri umani possono vivere indefinitamente, mantenendo la loro giovinezza e vigore. Un mondo senza la fine, un'eternità a portata di mano. Ma a quale prezzo? Questa è la domanda che permea ogni scena, ogni dialogo, insinuandosi nella mente dello spettatore come un tarlo. La serie non si limita a presentarci un futuro fantascientifico, ma scava a fondo nelle implicazioni filosofiche e sociali di una vita senza limiti.

La trama ruota attorno a Darius Asram, un poliziotto centenario ma dall'aspetto di un trentenne, indurito da secoli di vita e apparentemente disilluso. Il suo cinismo è palpabile, quasi una conseguenza inevitabile di un'esistenza che ha perso il suo significato intrinseco. La morte, con la sua ineluttabilità, dà valore alla vita. Eliminando questo limite, cosa resta? Questa è la domanda che Darius si pone, e che lo spinge ad investigare una serie di suicidi di giovani, apparentemente senza motivo. Questi ragazzi, nati nell'era della rigenerazione, sembrano rifiutare il dono dell'immortalità, scegliendo la finitezza in un mondo che la rifiuta.

L'indagine di Darius, affiancato dalla giovane Christa, che con i suoi 17 anni rappresenta l'ingenuità e la speranza di una nuova generazione, si trasforma in un viaggio introspettivo alla scoperta del vero significato della vita. Il contrasto tra i due personaggi è il motore narrativo della serie: il cinismo di Darius si scontra con l'idealismo di Christa, creando un dinamismo che arricchisce la narrazione. Attraverso i loro occhi, lo spettatore esplora le diverse sfaccettature di questa società apparentemente perfetta, scoprendone le crepe e le contraddizioni.

La serie dipinge un quadro complesso e sfaccettato di questo futuro immortale. La promessa di una vita senza fine ha portato a un sovrappopolamento del pianeta, con rigide politiche di controllo delle nascite e una società stratificata in base all'accesso alle risorse. L'immortalità, lungi dall'essere una benedizione, si rivela un peso, una condanna a un'esistenza vuota e priva di scopo. La ribellione dei giovani, che scelgono la morte come atto di sfida, è un grido di dolore, un'espressione del disagio di una generazione che non riesce a trovare il proprio posto in un mondo senza futuro, paradossalmente.

Ad Vitam non offre risposte facili, ma stimola la riflessione su temi universali come la vita, la morte, il senso dell'esistenza. La serie ci costringe a confrontarci con le nostre paure, le nostre speranze, i nostri limiti. Cosa significa essere umani in un mondo dove la morte non esiste più? È possibile trovare la felicità in un'eternità priva di fine? Queste sono solo alcune delle domande che Ad Vitam ci pone, lasciandoci con un senso di inquietudine e meraviglia al tempo stesso.

L'atmosfera cupa e distopica della serie è amplificata da una fotografia ricercata e da una colonna sonora suggestiva, che contribuiscono a creare un senso di oppressione e mistero. La regia sapiente di Thomas Cailley ci guida attraverso questo mondo complesso, facendoci immergere completamente nella sua atmosfera rarefatta.

Ad Vitam non è solo una serie di fantascienza, ma un'opera che esplora le profondità dell'animo umano, mettendo in discussione i nostri valori e le nostre convinzioni. Un racconto avvincente e profondamente inquietante, che ci lascerà a lungo con il fiato sospeso, costringendoci a interrogarci sul significato della vita, e della morte, in un mondo che ha abolito la fine. Un'esperienza visiva e intellettuale che non si dimentica facilmente.

In definitiva, Ad Vitam è un invito alla riflessione, un'occasione per confrontarci con le grandi domande dell'esistenza. Un'opera che ci ricorda che la vita, nella sua finitezza, è un dono prezioso, e che la morte, per quanto dolorosa, è parte integrante del ciclo naturale. Un ciclo che, forse, non dovremmo cercare di interrompere.